Raggiolo e Raggiolatti all'alba di una nuova ERA

ACTA de RAGIOLO di Francesco Lenzi

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Chiunque sia nato a Raggiolo, o vi abbia trascorso un’estate, ha respirato l’identità profonda di questo luogo. Ma da dove viene tutto ciò che siamo? Qual è la trama invisibile che tiene insieme le famiglie, i mestieri, le pietre delle case, i riti collettivi?

A queste domande risponde la straordinaria ricerca storica di Francesco Lenzi, che ci restituisce — attraverso documenti originali dell’Ottocento — il ritratto vivo e preciso della nostra comunità all’alba dell’Età Contemporanea.

La ricerca storica nella comunità di Raggiolo all'alba dell'Età Contemporanea: l'importanza del Catasto Leopoldino-Ferdinandeo e del Censimento del 1841

Nella ricerca che vi presento ho scelto di concentrarmi principalmente sui documenti catastali e gli atti di Stato Civile redatti nella prima metà del XIX secolo.

Il Censimento del 1841

Il censimento del 1841 fu il primo rilevamento ufficiale che abbia cercato di descrivere la popolazione toscana nel suo complesso, su scala granducale. Grazie all'uso di moduli appositamente approntati, si tracciarono le caratteristiche demografiche e socio-economiche delle famiglie e dei singoli individui della Toscana. Nei registri, per ogni comunità e per ogni parrocchia, si dà conto delle case, delle famiglie che vi abitavano e degli individui che componevano ogni nucleo familiare inclusa la loro età, i domestici, se presenti, nonché lo stato personale, la professione e il livello di istruzione.

Il Catasto Leopoldino-Ferdinandeo conclusosi nel 1835

I catasti ottocenteschi rappresentarono una vera rivoluzione cartografica nella Toscana preunitaria.

Per le loro caratteristiche geometrico-particellari di estrema precisione costituiscono, ancora oggi, uno strumento fondamentale per lo studio e la restituzione dell'assetto territoriale della Toscana prima delle grandi trasformazioni avvenute a partire dalla fine del XIX secolo. 

Il Catasto Leopoldino fu promulgato nel 1765 da Pietro Leopoldo e, dopo varie discussioni su come realizzarlo e il suo abbandono nel 1785, nel 1817 Ferdinando III decretò la formazione del nuovo catasto per i territori del Granducato di Toscana completandolo con successo nel 1835.

Oltre le mappe catastali suddivise in particelle con relativo numero, ho consultato le tavole indicative che, facendo riferimento al numero delle singole sezioni catastali, mi hanno permesso di conoscere le generalità dei proprietari, la specie delle proprietà, le superfici delle particelle e la loro stima.

Scopo della ricerca

Descrivere la comunità di Raggiolo prima dell'avvento dell'Era Industriale, dell'inurbamento e dell'abbandono della montagna.

L'Evoluzione della Comunità di Raggiolo nel Secolo XIX

La comunità di Raggiolo, all'alba del XIX secolo, secondo il Censimento del 1841 redatto dal Sacerdote Francesco Maggi, Parroco di Raggiolo, era composta come riportato nella tabella.

La storia della comunità di Raggiolo è un viaggio affascinante attraverso il tempo, che offre uno sguardo prezioso sull'evoluzione di un piccolo borgo italiano, rimasto integro e nella sua struttura architettonica originale dal Medioevo fino ai giorni nostri.

Se all'inizio del Secolo XIX la popolazione era intorno ai 700 abitanti, oggi la sua riduzione è stimata intorno ai 60 abitanti a causa dell'emigrazione, dell'industrializzazione e del declino delle nascite. Molti abitanti sono emigrati in città o nei luoghi con una diffusa industrializzazione, alcuni verso le Americhe e altre parti d'Europa in cerca di migliori opportunità economiche.

Totale abitanti censiti 708
Totale famiglie 145
Composizione media 5
Clan familiari 46 31,7%
Totale maschi 345 48,73%
Totale femmine 361 50,99%
Età media 28
Età massima 80
Età > 65 anni 38 5,37%
Età < 12 anni 204 28,81%

L'economia della montagna

L'economia di Raggiolo, è storicamente basata sull'agricoltura, sullo sfruttamento delle risorse naturali del bosco, della montagna e sulla pastorizia. Le professioni erano distribuite come mostrato in tabella. Si presume che i mestieri di “agricoltore” e i relativi”operanti”, questi ultimi quasi sempre familiari o figli del capo-famiglia che deteneva la professione, significassero lo sfruttamento delle risorse naturali del bosco quali: il taglio degli alberi, la raccolta delle castagne e il successivo trattamento e produzione di sottoprodotti, la produzione del carbone, etc.

La trasformazione dei rami di castagno e faggio in cerchi per botti e tini era riservata ai “cerchiai” che avevano una struttura organizzativa definita poiché quella della realizzazione dei cerchi era un'arte che doveva soddisfare requisiti stringenti di affidabilità e sicurezza tanto che il controllo della qualità del prodotto era affidata al capo-cerchiaio che, con ogni probabilità, teneva anche i contatti tecnico-commerciali con la clientela che, a memoria, era distribuita in tutta la Toscana.

Di rilevante importanza, anche sotto il profilo economico, erano i pastori. Quello del pastore era senza dubbio un mestiere antico e nobile che comportava grandi rinunce e sacrifici perché, con la fine dell'estate, preparava le greggi ad intraprendere la Transumanza, l'antichissima pratica di migrazione stagionale delle pecore lungo antichi percorsi tracciati da tempi immemorabili per raggiungere le calde pianure della Maremma e i suoi pascoli d'inverno, per nutrire meglio il bestiame in quel periodo dell'anno, per poi ritornare all'alpeggio alla fine di maggio dopo la tosatura.

Agricoltore375,23%
Attendente alla casa8111,44%
Calzolaio10,14%
Cappellano10,14%
Chierico20,28%
Capo cerchiaio70,99%
Cerchiaio7710,88%
Colono91,27%
Falegname10,14%
Filatrice17024,01%
Locandiere20,28%
Invalido70,99%
Mugnaio30,42%
Muratore20,28%
Operante638,90%
Pastore304,24%
Sarto/a50,71%
Tessitrice50,71%
Vetturale/ barrocciaio10,14%
Vergaio10,14%
Vitaliziato10,14%
- (minore non lavorante)27,12%

E così come la “vergheria” era l'elemento abitativo simbolo del pastore, il “vergaio” era una sorta di manager dei nostri tempi per l'attività pastorale. Il vergaio era il più istruito e necessariamente doveva saper fare di conto ma i suoi compiti erano molteplici come quello di sovraintendere a tutti i lavori, alla conduzione dei greggi al pascolo, di distribuire l'utilizzo dei pascoli, di vendere i prodotti, di provvedere alla manutenzione delle strutture abitative, di approvvigionare i generi alimentari ed infine di tenere i conti giornalieri, della cassa e il conteggio delle pecore.

Si conclude questa brevissima digressione sulle arti a Raggiolo con quella della “filatura” che, come si può osservare dalla tabella, impiega un quarto di tutta la popolazione ma se si toglie un'ulteriore 27% dei non lavoranti minori o anziani si arriva ad un terzo circa. L'arte della filatura è tra le più antiche attività svolte dalle donne nel corso della storia. Nata dall'esigenza del vivere quotidiano la filatura delle fibre animali come il vello delle pecore, finalizzata alla tessitura delle stoffe, era già nota alle comunità agro-pastorali della preistoria. Lo strumento, la fusaiola, e la tecnica, con  le dita delle mani, ci sono stati tramandati di madre in figlia fin dalle origini e sono rimasti invariati per millenni, fino all'abbandono della pratica nei tempi moderni, tanto che il fuso e il rocchetto hanno da sempre fatto parte del corredo della sposa.

Possessi e “possessores”

Non vuole essere una citazione colta quella di menzionare in lingua latina i possidenti raggiolatti, come “possessores”, bensì quella di attribuirgli la giusta e meritata collocazione nella loro lunga  storia che affonda le sue radici nella presenza dei Longobardi nella montagna casentinese. Zona di confine, la valle casentinese, ha visto contrapporsi le popolazioni dei Goti, dei Longobardi e dei Bizantini. Lo attestano i toponimi stessi di Raggiolo, che dal latino “radius” potrebbe significare la linea di confine che segnava il territorio bizantino da quello longobardo che scendeva dal Pratomagno, oppure la vicina Quota, da Coita, e quindi “Goita”, paese dei Goti. Numerosi sono i documenti che confermano la presenza longobarda nel territorio casentinese; negli atti notarili stilati intorno al 1000 ancora si registrano eredità e contratti matrimoniali secondo la tradizione longobarda, in quest'ultimo caso per esempio il”mongergabio”” o “dono del mattino”, il regalo che secondo il rito longobardo il futuro marito avrebbe fatto alla sua sposa. Siamo a conoscenza, attraverso i numerosi studi condotti dagli storici, che le terre di appartenenza dei Longobardi e dei loro discendenti erano caratterizzate da una forte coesione sociale tanto che venivano definite “terre collettive” in cui la corporazione di famiglie di origine feudale manteneva forti le proprie tradizioni e la loro struttura sociale, economica e politica, nonostante l'ingerenza del potere centrale. L'operato del Comune di Raggiolo è sempre stato fortemente condizionato, fino all'Età Contemporanea,  dai clan familiari di Raggiolo poiché ne hanno, da tempi immemorabili, detenuti i “possessi” come i mulini, i seccatoi, i castagneti, i boschi, le fornaci, le capanne ed infine le case. Come potrete osservare dalla tabella di seguito riportata, i clan familiari, antichi e originari di Raggiolo, erano tutti “possessores” di numerose case e terreni, secondo un frazionamento tipico dell'economia feudale, stabilito dal Conte in concessione ai suoi “fidelis”, una volta quasi sempre “milites”. A Raggiolo non c'erano nobili che possedevano tutto, inclusa la schiera di contadini nullatenenti che lavorava per loro, bensì numerosi clan familiari che gestivano una fiorente economia rurale, un'economia solida, ben organizzata, certamente “povera” nella struttura ma non nella sostanza, che garantiva benessere alle numerose famiglie, in contesti simili definite ”comode”. 

Il Dott. Marco Bicchierai nel suo “Una comunità rurale toscana di antico regime. Raggiolo in Casentino”, coglie nella comunità di Raggiolo lungo un arco di tempo che dagli ultimi secoli del Medioevo si protrae fino alla fine del Settecento l'intreccio secolare tra economia montana, uguaglianza sociale, condivisione della gestione dell'amministrazione locale e dei beni di proprietà della comunità, uno dei motivi principali della resistenza al cambiamento che segnerà la fine dell'antico regime. E se lo storico francese Goubert ha definito l'antico regime come un magma di cose vecchie di secoli e millenni lasciate tutte in vigore, si può certamente asserire che a Raggiolo tutto ciò si è cristallizzato in un mondo a sé dal Medioevo fino all'inizio della Rivoluzione Industriale.

Le mappe e i relativi registri si riferiscono a tutte le sezioni di “Raggiolo e Cipollino” e “Prata e Buite”, corrispondenti a 1520 particelle catastali. La superficie, per tutte le proprietà, è indicata al suolo.

Tabella dei Clan Clan; Fam=Famiglie; Cs=Case; Mq=Metri quadri; Sec=Seccatoi; Mq; Mul=Mulini; Mq; Gor=Gore; Mq; Cap=Capanne; Mq; Ter=Terreni; Ha=Ettari

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Clan Fam Cs Mq Sec Mq Mul Mq Gor Mq Cap Mq Ter Ha
Badini 2 2 161,4 - - - - - - - - 112,4
Baldini 1 - - - - - - - - - - --
Belardini 1 2 57,9 - - - - - - - - 61,5
Berti 1 2 58,6 2 33,0 - - - - - - 30
Bianchi 2 1 67,8 - - - - - - - - 53,5
Calletani 2 6 222,8 2 40,5 - - - - - - 3818,4
Caperoni 2 4 296,0 - - - - - - - - 3720,7
Cataldini 1 - - - - - - - - - - --
Cavallari 5 10 327,0 1 18,7 - - - - - - 337,3
Celembrini 1 2 63,4 - - - - - - - - 60,8
Certini 1 1 61,0 - - - - - - - - 20,8
Chiaroni 8 11 797,0 2 29,6 - - - - - - 8649,8
Chiocchini 1 2 66,4 - - - - - - - - 40,5
Chiusi 1 2 54,2 - - - - - - - - 21,1
Ciabattini 3 13 805,9 5 118,9 1 45,0 133,9 4 125,7 - 145,1
Ciarchi 3 5 165,5 1 18,7 - - - - - - 111217,8
Dini 1 3 223,4 - - - - - - - - 188,5
Donati 9 16 855,6 8 202,7 - - - - 3 80,7 11376,4
Fabbri 2 3 175,1 2 106,6 - - - - - - 2011,3
Ferri 1 4 115,1 - - - - - - - - 238,7
Gambini 8 10 529,6 - - - - - - - - 4512,3
Giorgini 4 10 487,1 - - 1 28,6 - - - - 6429,4
Giovannuzzi 4 3 261,9 3 85,2 - - - - - - 44141,7
Giuliani 1 2 58,2 - - - - - - - - --
Grassini 1 4 229,9 1 21,8 - - - - 1 27,2 218,2
Luddi 4 7 165,5 2 42,6 - - - - 2 45,6 120,9
Madiai 1 - - - - - - - - - - --
Maggi 3 11 448,2 - - - - - - - - 3318,4
Manni 1 - - - - - - - - - - --
Martini 1 1 46,0 - - - - - - - - 51,6
Minocchi 10 10 553,8 - - - - - - - - 3463,5
Misseri 3 3 149,9 - - - - - - - - 134,1
Morandi 1 - - - - - - - - - - --
Mori 1 - - - - - - - - - - --
Nocentini 2 - - - - - - - - - - --
Orsi 6 7 375,7 2 38,5 - - - - - - 357,7
Pecchiai 8 19 804,8 2 23,2 - - - - - - 6817,6
Pereti 4 3 49,7 - - - - - - - - 50,6
Pieraccini 3 3 191,4 1 21,8 - - - - - - 1511,7
Ricchi 1 3 102,5 1 9,2 - - - - - - 61,3
Ristori 11 21 887,9 4 85,5 - - - - - - 6922,0
Rossi 9 11 557,2 - - - - - - - - 7135,1
Smeraldi 1 - - - - - - - - - - --
Staderini 1 - - - - - - - - - - --
Zacchi 7 17 960,5 3 79,0 - - - - 1 22,1 5637,7
non censite
Capitani - 2 124,3 - - - - - - - - 82,8
Chiappelloni - 2 73,9 - - - - - - - - 74,3
Leporini - 1 27,6 - - - - - - - - 20,4
Nardoni - 1 49,7 - - - - - - - - 63,2
Franceschi - - - - - - - - - - - 22,2
Moroni - - - - - - - - - - - 52,4
Buoni - - - - - - - - - - - 10,6
Chimenti - - - - - - - - - - - 42,1
Degl'Innocenti - - - - - - - - - - - 41,1
Giovannelli - - - - - - - - - - - 10,7
Babbini - - - - - - - - - - - 10,7
Cariaggi - - - - - - - - - - - 10,4
Bandini - - - - - - - - - - - 21,4
Gatteschi - - - - - - - - - - - 20,9


Conclusioni e prospettive future

Dal quadro che emerge dai documenti che abbiamo analizzato l'economia raggiolatta era in buona parte sostenuta da una produzione che avveniva per lo più a domicilio, ancora al di fuori delle manifatture degli imprenditori, con la fabbricazione di prodotti artigianali destinati ad un mercato principalmente interno. Questo modo di intendere il lavoro coniato, nel 1972, con il termine “protoindustrializzazione” dallo storico economico Franklin Mendels, si manifestò a Raggiolo sotto forma di uno sfruttamento commerciale di tecniche artigianali contadine in cui la produzione autoctona delle materie prime aveva un ruolo di rilievo, nel nostro caso le materie prime erano la lana ed il legname. Ovviamente queste attività artigianali coesistettero per lungo tempo con il lavoro agricolo e la pastorizia anche perché, soprattutto in quest'ultimo caso, non richiedeva molta forza lavoro. Gli effetti della protoindustrializzazione sul piano sociale e demografico, a Raggiolo, portarono ad un'evoluzione delle pratiche socio-economiche tanto che si possa affermare senza ombra di dubbio che nel corso del XIX secolo si registrò una continuità tra protoindustrializzazione ed industrializzazione, continuità dovuta al capitale di conoscenze tecniche ed abitudini acquisite in cui la differenza tra produzione centralizzata nelle fabbriche e lavoro a domicilio non provocò, dal punto di vista sociale, grossi traumi. Questi cambiamenti però hanno influenzato la vita quotidiana e il contesto demografico della comunità a causa dell'emigrazione e dello spopolamento.

Senza poter andare oltre con ulteriori analisi, nonostante tutto, oggi Raggiolo è una comunità che incarna la resilienza e la capacità di adattamento. Con circa 60 abitanti e meno di dieci famiglie, il borgo ha saputo preservare la sua autenticità e il suo patrimonio architettonico e culturale. La vita comunitaria è caratterizzata da uno stretto senso di appartenenza e collaborazione tra i discendenti degli antichi abitanti che popolano il paese durante l'estate e per le ricorrenze. Infatti le festività, le ricorrenze e le produzioni locali hanno  mantenuto viva l'identità culturale del borgo nonostante l'esodo verso la città.

Una menzione particolare, in questo contesto, è per la Brigata di Raggiolo e per tutti coloro che in questi ultimi trent'anni di vita del paese hanno saputo raccogliere la sfida dello spopolamento continuo, dell'invecchiamento della popolazione e della mancanza di servizi per trasformarla in opportunità promuovendo il turismo culturale e la  valorizzazione del patrimonio storico e naturale.

In conclusione, la storia di Raggiolo nel corso del Secolo XIX fino ai giorni nostri è una testimonianza della capacità delle piccole comunità di adattarsi ai cambiamenti preservando al tempo stesso la propria identità.


 Immagine tratta da “Del governo dei boschi, ovvero mezzi per ritrar vantaggio dalle macchie e da ogni genere di piante da taglio, e di far loro una giusta stima”. Del Signor Duhame de Monceau, Venezia MDCCLXXII. 


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