Tradizioni: il Natale di Raggiolo

Una ricostruzione di fantasia della festa nel borgo
Stamattina sfogliando il libro "Il sapore di Raggiolo" della nostra Fernanda Ciarchi, ho trovato questa magnifica descrizione del Natale di Raggiolo (nota bene: non il Natale a Raggiolo) che ho pensato valesse la pena di trascrivere per dedicarlo a tutti voi. 

È un racconto struggente che forse è la testimonianza, più di mille altri discorsi, di come Raggiolo sia ciò che è: un posto unico, magico e come anche i raggiolatti, con tutti i loro pregi e i loro difetti, siano persone davvero speciali.

Vi lascio quindi a questa breve lettura, augurandovi Buone Feste. 

Franco Franceschini

  

[...] ma il nostro discorso è volutamente incompleto perché c’è un argomento talmente inscindibile dalla neve da essere ricordato a parte. Si tratta del Natale di Raggiolo, semplice, povero se giudicato con la mentalità di oggi ma completo di tante aspettative che in quel giorno si realizzavano.

La neve, anche in questo periodo, ha il suo ruolo.

Un evento importante legato al candore della neve e all’odore del bosco era la preparazione del presepio di chiesa, voluto e guidato dal Pievano Don Guido Cutini con la collaborazione della gioventù di Raggiolo. Quando estraeva dallo scatolone i personaggi era come se estraesse i pezzi di un tesoro ogni volta riconosciuto e ogni volta visto svanire. 

Questo suscitava emozioni e risvegliava ricordi non solo sacri ma anche intimi appartenenti alla sfera emotiva personale. La sistemazione richiedeva impegno per vari giorni e quindi si presentavano occasioni di consolidamento di amicizie e di reciproche simpatie. 

Anche in famiglia, quindi, si preparava il Natale con lo stato d’animo di chi attende il realizzarsi di qualcosa di veramente grande. 

C’era da vestirsi bene per la S. Messa, c’era da fare la “festa” al cappone, c’era da preparare la “Capannuccia” e quindi da trovare nel bosco la borraccina. 

C’era da pulire la casa: non si poteva aspettare all’ultimo momento perché avrebbero potuto arrivare i parenti in visita e c’era anche da andare a trovare i conoscenti verso i quali ci sembrava di avere un debito di riconoscenza o semplicemente persone che si sapeva meno fortunate di noi. 

Un Natale senza neve non sarebbe stato un Natale vero: col bianco fuori la cucina pareva più calda, trattenersi in casa tutti insieme era una piacevole necessità. Il riposo forzato giustificava la sospensione temporanea dal lavoro che a quell’epoca era considerato non solo necessità ma anche dovere primario.

  

[L'immagine rappresenta una ricostruzione di fantasia della tradizione natalizia in un borgo di montagna]






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