La singolare tenzone di Raggiolo, tra storia, teatro e comunità
A Raggiolo le storie non si raccontano soltanto: si vivono. Sabato 23 agosto il borgo casentinese si è trasformato in un teatro a cielo aperto dove, tra applausi scroscianti e sorrisi complici, è andata in scena La singolar tenzone tra il filo d’erba e il bastone. Un titolo che sembra uscito da una cronaca cavalleresca, ma che racchiude l’ironia e la vitalità di un’intera comunità: 24 raggiolatti sul palco e quasi 200 spettatori instancabili, con un paese intero che si è fatto scena, platea e cuore pulsante della serata.
Da piazza San Michele ai vicoli che conducevano all’accampamento dei Pastori e alla fucina dei Fabbri, il pubblico ha seguito con disciplina e passione un racconto che intreccia memoria medievale e creatività collettiva. Un finale degno della sempre più ricca estate di Raggiolo, che mai come quest’anno ha saputo coniugare cultura e intrattenimento, facendo del senso di comunità il filo conduttore di tutte le iniziative.
Questo spettacolo itinerante, organizzato da La Brigata di Raggiolo, scritto dal drammaturgo Aldo Milea e diretto con mano visionaria da Ilaria Passeri, ha trasformato la memoria di un antico scontro in una narrazione epica e insieme sorprendentemente divertente.
L’anima della rappresentazione sono stati i personaggi, resi vivi da chi ha seguito l’intero progetto con impegno e sacrificio: il clan dei Fabbri (Franco, Lisa, Maddalena e Ornella) e quello dei Pastori (Modesto, Angelo, Giuliana, Lucia e Paola). Ognuno ha saputo dare forza e riconoscibilità al proprio ruolo, in un crescendo quasi wagneriano culminato nella performance del giovane Angelo, autentica rivelazione della serata.C’è stata poi una presenza silenziosa e preziosa, che pur senza calcare la scena ha infuso energia e sicurezza a tutti. Nei minuti che hanno preceduto l’ingresso in scena, lo sguardo colmo d’amore di Elda, i suoi abbracci e le sue parole hanno cancellato ogni incertezza, trasformando l’attesa in determinazione. È in quella forza condivisa che si è compiuto lo spirito di Homo Faber: un teatro che è, prima di tutto, comunità.
Questa comunità è entrata in sintonia sin dalla scena iniziale: la lunga processione che ha aperto l’80ª edizione della Giornata dell’Armonia. C’era una tensione palpabile quando fronde, lanterne e carretto hanno attraversato la piazza con solennità, accompagnando Remigio verso il palco. Una tensione che si è sciolta con la lunga teoria di giocosi insulti lanciati nella notte di Raggiolo, capaci di strappare al pubblico le prime risate dopo un’introduzione di grande intensità.
L’intero spettacolo è stato un alternarsi continuo di momenti di pathos e di gag esilaranti, che hanno saputo conquistare le simpatie degli spettatori. Ogni scena meriterebbe di essere raccontata nel dettaglio, perché ciascuna era un piccolo quadro, capace di dare senso alla storia e risalto ai suoi protagonisti. Tra tutte, una spicca in particolare: il complotto ordito dai Fabbri contro i Pastori, segnato dall’ingresso in scena di un improbabile lupo – interpretato con passione da Lisa – che ha portato lo spettacolo fin dentro il ventre del pubblico. E il momento in cui l’intera comunità si è ritrovata a fronteggiare l’incendio, provocato maldestramente dal clan dei Fabbri, ha creato un forte senso di coinvolgimento, mescolando drammaticità e comicità in perfetto equilibrio.
Non possiamo infine non citare la superba interpretazione di Aldo, nei panni di un magistrato sui generis, accompagnato nel suo “delirio” da Angela, capace di calarsi all’ultimo momento nel ruolo di una procace cancelliera e regalare al pubblico una performance irresistibile.
E poi ci sono gli altri protagonisti, quelli che il linguaggio tecnico definirebbe “comparse” o “servi discena”. Figure apparentemente minori, ma in realtà indispensabili: senza il loro impegno e la loro disponibilità a lasciarsi coinvolgere, questo spettacolo non avrebbe mai potuto prendere vita né raggiungere il meritato successo. Sono Arturo, Giancarlo, Giovanni, Isaldo, Massimo, Maurizio e Stefano.
Accanto a loro i giovani musici, Elisa, Lorenzo e Niccolò, che con entusiasmo e determinazione hanno affrontato le difficoltà di una colonna sonora itinerante, regalando ritmo e suggestione ad ogni passaggio. Poi ancora Lorenzo alle riprese video. E come non menzionare le lanciatrici di coriandoli, Michela, Paola e Sabrina, che con la loro breve e colorata apparizione hanno scandito, in maniera poetica e leggera, lo scorrere del tempo.
Applausi per tutti, dunque, a conclusione di un progetto che ha ridato spessore a una parola spesso abusata: comunità. A Raggiolo la comunità esiste ancora, viva e concreta, e questa consapevolezza rappresenta il vero perno da cui guardare con fiducia al futuro.
E la comunità si è resa visibile negli abbracci finali, nelle lacrime di Angelo, nella presenza rassicurante di Elda, negli applausi convinti che hanno riempito la piazza di Raggiolo. Ma anche nel ricordo affettuoso di Stefano, Remo, Oreste e Conforta, un ricordo che ha dato ulteriore forza e senso a questa “compagnia raggiolana”, che ricordiamo a tutti è una compagnia di "attori dilettanti".
E forse, proprio qui, sarebbe intervenuta Elvira Fabrizio, al secolo Ornella, che. rispettando lo spirito del suo personaggio, avrebbe sentenziato con una battuta dissacrante: “Dilettanti? Dilettanti una ceppa di...”.
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